Anche se tutti ne parlano come di una medicina alternativa, la fitoterapia non lo è affatto.

È una branca della farmacologia che, anziché basarsi su sostanze chimiche di sintesi, prevede la somministrazione di piante, funghi, alghe, licheni e altri vegetali. Da questi, con diversi processi di estrazione, si ottengono preparazioni vegetali come tinture madri, estratti secchi, oleoliti, oli essenziali, che hanno una specifica azione terapeutica.

La fitoterapia, insomma, è una medicina a tutti gli effetti, usata dall’80% della popolazione mondiale e che oggi piace sempre di più anche per il suo carattere“ecologico”. Ricorrere alle piante per curarsi, infatti, è un modo per sentirsi parte della natura e contribuire a proteggerla.

 

La principale differenza tra il meccanismo d’azione delle “droghe” vegetali e quello dei farmaci i sintesi sta nel cosiddetto fitocomplesso, il particolare cocktail di centinaia di sostanze diverse  contenuto in ogni singola pianta. Mentre il farmaco si basa sull’idea della “pallottola magica”, il principio attivo che colpisce un singolo bersaglio (un organo, ma anche un determinato processo), il fitocomplesso agisce per sinergia: una strategia terapeutica che va contemporaneamente su  diversi bersagli, con un’azione più morbida ma efficace su largo raggio. Il carciofo, per esempio, è un vero toccasana per il fegato per più di una ragione: i flavonoidi svolgono un’azione protettiva, gli acidi organici stimolano i succhi gastrici e le sostanze amare come la cinarina agiscono sul metabolismo lipidico riducendo la produzione di colesterolo e trigliceridi.

Inoltre, mentre i principi attivi estratti chimicamente risultano spesso troppo aggressivi, e possono provocare effetti indesiderati, le piante contengono sostanze naturali che ne modulano l’azione. Gli esempi non mancano. Grazie alla salicortina e alla tremulina, l’estratto naturale della corteccia di salice ha un’azione antinfiammatoria più soft ma più duratura dell’acido acetilsalicilico (o aspirina), ed è meno aggressiva per la mucosa gastrica.Prima che arrivassero le benzodiazepine, negli anni ’50, era la radice di valeriana il sedativo per eccellenza. Oggi che conosciamo i rischi di questi farmaci si sta riscoprendo l’alternativa vegetale che riassume vari effetti sedativi sul sistema nervoso, e si è scoperto che in più “collabora” con la melatonina nel favorire il sonno.

Come tutte le medicine, anche la fitoterapia ha dei limiti. Innanzitutto l’indicazione è sulle patologie croniche e non acute: necessita, cioè, di tempo. Non ci sono erbe, per esempio, che ti facciano passare il mal di testa o i dolori mestruali con la velocità di un analgesico.

Se hai una polmonite o una grave bronchite dovrai senz’altro ricorrere agli antibiotici, ma potrai accompagnare la cura con integratori a base di ribes nigrum, echinacea, timo e propoli ad esempio, per aumentare le difese.

C’è un campo, però, in cui la cura con le piante è imbattibile: quello del cosiddetto “drenaggio”.

Grazie soprattutto ai gemmoderivati, particolari preparazioni ricavate dai germogli, si rimettono in moto le reazioni degli organi emuntori come fegato, reni e polmoni, l’organismo si libera delle tossine, lo stato infiammatorio si abbassa e tutto  funziona meglio. È questo il motivo per cui molti medici omeopati e naturopati ricorrono al “drenaggio” fitoterapico prima di iniziare ogni cura.

Se comprendiamo che la malattia è  una carenza di informazioni o uno squilibrio energetico in un determinato sistema, possiamo capire che la guarigione significa ripristinare l’equilibrio energetico per riequilibrare la disfunzione del sistema grazie al libero fluire dell’energia vitale.

 

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